L’esposizione presenta una selezione lavori di Mario Merz tra installazioni, igloo, tavoli, tele e opere su carta e prende le mosse a partire dal concetto, descritto dall’antropologo Claude Lévi-Strauss e legato alla necessità di individuare la natura profonda che si cela dietro ai modelli per arrivare alla base del pensiero umano, il quale nella sua diversità è definito sempre da leggi che sfuggono allo scorrere del tempo e alla varietà degli ambienti. Nel concetto di antropologia strutturale di Lévi-Strauss, le strutture vengono riconosciute come qualcosa che appartiene all’inconscio, similmente al principio di reciprocità che è all’origine del passaggio dalla natura alla cultura.
Il titolo dell’esposizione è stato estrapolato da uno scritto di Mario Merz e si ricollega a questa necessità di guardare alla natura e allo scorrere del tempo per poter raggiungere un senso di leggerezza concettuale, che si ritrova nel nucleo di opere presentate.