In continuità con la programmazione del Musée d’Art e d’Histoire di Ginevra, le mostre del Museo Rath sono pensate in stretto legame con la sua collezione. Questa nuova esposizione, che rende omaggio a due mostri sacri dell’Arte Povera, Marisa Merz (1926-2019) e Mario Merz (1925-2003), è stata concepita attorno a un’opera importante, Senza titolo di Mario Merz, realizzata a Ginevra nel 1985 e donata dall’artista al MAH l’anno successivo.
La mostra, costituita da nove installazioni, ha la particolarità di sottolineare i forti legami tra i due artisti. Per la prima volta, il pubblico può scoprire una serie di installazioni che hanno pensato insieme. Più che delle collaborazioni, si potrebbe leggere una sorta di autoritratto a quattro mani. D’altra parte, un’opera come Igloo, che Mario dedicò a Marisa e che presentò nel 1972 alla documenta, costituisce anche un segno di questo attaccamento indissolubile e protettivo. Di origine svizzera, resistente antifascista, Mario Merz ha sviluppato per tutta la vita un’opera di cui una delle forze risiede nella riflessione su ciò che ci unisce. Se per Marisa l’arte è stata un mezzo per eliminare la barriera tra il reale e il nostro immaginario intimo, Mario non ha mai smesso di usarla per ricordare la fragilità della nostra presenza nella natura. Entrambi ci hanno spinti a vedere come l’arte faccia percepire i contorni degli specchi che troppo spesso poniamo tra noi stessi e il mondo esterno. Questo messaggio ha ancora oggi una portata poetica che l’attualità rende crudele.