L’artista Giuseppe Pietroniro presenta la sua opera Risonanza 2011, concepita in relazione alla performance musicale di Davide Bandieri e Devid Ceste.
Il programma musicale della serata inizia con un brano di Nino Rota dalle evidenti influenze bandistiche per poi allargare lo spettro, anche attraverso l’uso dell’elettronica e della spazializzazione sonora, verso sonorità contemporanee, mescolando vari registri di sperimentazione. A seguire, la prima esecuzione assoluta di due brani, uno del compositore italiano Luigi Abbate e l’altro di Alessio Fabra.
Risonanza 2011 consiste in una struttura di metallo e legno di forma poligonale simile a quelle usate nei paesi del centro-sud Italia, in occasione delle feste patronali.
D’estate, le piazze dell’Italia più mediterranea vengono addobbate con luminose Casse Armoniche o Belvedere per permettere alle bande musicali locali di eseguire concerti di verdiana o rossiniana memoria. Sui lati di questo poligono riproduzioni fotografiche o pittoriche con le fattezze dei maestri compositori, appese come quelle degli avi nelle case di chiunque. Pochi del pubblico li riconoscono o distinguono Puccini da Verdi o Rossini. Addirittura, come racconta l’artista, in tempi più recenti di rivendicazioni sociali, queste immagini potevano essere confuse con quelle di teorici politici; nel suo immaginario, questa esperienza di festa collettiva di sapore felliniano, evoca ancora oggi la percezione del nomadismo estivo, di una sorta di precarietà senza il dramma ma con la forte connotazione della provvisorietà e di una specie di ubiquità dell’oggetto Belvedere che si poteva trovare in tempi e posti diversi e che per la sensibilità e fantasia dello stesso artista, costituiscono uno degli elementi di fascino maggiore.
Il modulo architettonico dell’opera di Pietroniro costituito da una cassa armonica e due foto sculture, ironicamente modificato nelle proporzioni, mantiene l’essenzialità del suo significato e integre alcune funzioni percettive, sonore e visive. Per la performance dell’opening sulla cassa armonica c’è un musicista, uno per tutti, che suona uno strumento, quello che tutti conosciamo senza solitamente sapere come si chiama, il sousaphone. La cassa armonica amplifica i suoni e li rimanda, imprimendoli nella memoria di chi ascolta guardando. E davanti alla stratificazione di questa memoria, e alla somma di questi ricordi, ci si interroga semplicemente sui meccanismi dello sguardo e del suono che pur senza logiche apparenti costruiscono lo spessore della conoscenza.
in collaborazione con Art At Work