Il tema del bene comune è diventato terreno di un ampio dibattito trasversale alle istituzioni ma anche alle associazioni culturali e all’operato delle singole persone.
“Sicuramente il bene comune non è uno stato definitivo ma il risultato di un movimento, una volontà in itinere che cessa quando si smette di praticarla”, scrivono le studentesse e gli studenti delle accademie di Brera e NABA a conclusione del loro contributo pubblicato all’interno del quaderno. Per la redazione di fuoriregistro, bene comune implica, prima di tutto, la volontà di “abitare il linguaggio dell’altro/a”
riflettere sulle interazioni con altre comunità nel tempo della pandemia che ha dettato le sue condizioni di vita. Bene comune è, in termini più ampi, il campo dove sperimentare e fare incontrare diverse forme di pensiero, di energie creative, dialogando con le istituzioni, soprattutto quando queste ultime sembrano non rispondere alla collettività. Bene comune è, infine, l’intenzione che anima o dovrebbe animare il lavo- ro culturale: sperimentare forme di soggettività e sviluppare pratiche di pensiero pedagogico e creativo attraverso la differenza di genere, la lotta contro i rapporti di potere e il linguaggio patriarcale.
Il tema è stato suggerito alla redazione di fuoriregistro dalle discussioni scaturite dal progetto partecipa- tivo La Stanza delle Meraviglie, svolto con la comunità di Castelbuono e curato da Maria Rosa Sossai nel 2020, che occupa la parte centrale della rivista.
Hanno partecipato al secondo numero: Pietro Gaglianò, Mauro Folci, Simona Bertacco, John Cascone, Claire Fontaine, Silvia Maglioni & Graeme Thomson, Chiara Pergola, studentesse e studenti delle Accademie di Brera e NABA, insieme alle insegnanti Donata Lazzarini e Sara Ricciardi.