In occasione della mostra Sacred Catastrophe: Healing Lebanon di Zena El Khalil, il 18 settembre 2017 al Beit Beirut, Libano, il Dipartimento Educazione della Fondazione Merz ha partecipato al programma di attività progettato dall’artista libanese, presentando un laboratorio di tre giorni che ha visto protagonisti un gruppo di giovani profughi.
Non è usuale per il nostro gruppo di lavoro esser coinvolti così direttamente nella costruzione di un progetto artistico. Non succede spesso, infatti, che un certo tipo di contenuti, di processualità, di esperienze siano assunte all’interno delle proposte e delle pratiche artistiche. È quindi un caso che esula dal nostro quotidiano la possibilità di partecipare, con una delle nostre attività, al grande palinsesto di eventi che Zena ha pensato per il suo intervento al Beit Beirut. Si può senz’altro dire che ad essere fuori dall’ordinario sia in primo luogo l’azione stessa di Zena che interroga il senso del fare artistico riportandolo nell’ambito di ciò che l’uomo può fare a favore dell’uomo e alla sacralità del gesto che interviene sull’impalpabile che pure siamo. Questo terso carattere d’umanità ha pervaso anche la nostra azione. Cosa abbiamo fatto? Abbiamo lavorato insieme ad un gruppo di bambini siriani che vivono nei campi di Sabra e Shatila. Abbiamo visitato il Beit Beirut e la mostra dei lavori di Zena, riflettendo, insieme a lei, sulla storia del luogo e sulla possibilità di mettere l’arte a servizio di processi di profonda trasformazione collettiva. Abbiamo condotto un laboratorio di scultura, usando oggetti e materiali di scarto; assemblandoli e dipingendoli, abbiamo creato delle forme nuove. Al processo di trasformazione degli oggetti, ha corrisposto una metamorfosi più sentita e intima: il Beit Beirut è stato un grande contenitore di mutamenti. Condividere l’esperienza creativa e l’intensità del vissuto di coloro che vi hanno preso parte ha operato nella profondità delle coscienze di ciascuno, ponendo nuovi interrogativi, aprendo possibilità e riflessioni, ampliando gli sguardi. Atti di cura. Cosa c’è di più bello? Testo estratto dal catalogo BEIRUT DAY 41